ADELMO CERVI: “FACCIAMO DELLA COSTITUZIONE LA NOSTRA BANDIERA”

DI ELENA GORINI

L’80enne figlio di Aldo Cervi ha presentato il suo libro ai Piccolini in occasione della pastasciutta antifascista

Con una energia vitale da fare invidia a un ragazzino e forte Adelmo Cervidelle sue idee, senza peli sulla lingua, Adelmo Cervi ha presentato il suo libro “I miei sette padri” all’area festa Piccolini il 23 luglio scorso, giorno della pastasciutta antifascista. Dopo i saluti del vice presidente di ANPI provinciale, Antonio Corbeletti, e del segretario provinciale della CGIL Fabio Catalano Puma, che hanno invitato ad attualizzare la lotta a difesa dei valori costituzionali firmando per il referendum contro l’autonomia differenziata e il premierato (era stato allestito un gazebo per la raccolta delle firme), è stata la volta di Adelmo. Che ha esordito sottolineando che quella dei Cervi non era una “banda”, come fu chiamata, ma una “brigata internazionale”, composta da prigionieri di varie nazionalità, primo gruppo partigiano a essersi formato sull’Appennino emiliano.  Adelmo ha poi illustrato il profilo di suo padre e della sua famiglia, a cominciare dal nonno Alcide, contadino mezzadro, fervente cattolico, come cattolico era suo padre Aldo, responsabile della sezione giovanile di Azione Cattolica del paese di Campegine. Nel 1929, durante il servizio militare, a causa di una sentenza ingiusta, finì per tre anni nel carcere militare di Gaeta, che divenne per lui “università politica e di vita”. Al ritorno la madre Genoeffa non lo riconosceva più, si era voltato – come soleva dire, era diventato comunista e antifascista militante: partecipò alla Resistenza, si adoperò per l’istruzione del popolo dando vita con altri alla biblioteca clandestina, la sua casa divenne rifugio per fuggiaschi e resistenti. Il 25 novembre 1943 la casa colonica dei Cervi fu circondato dai repubblichini e, dopo un breve scontro a fuI miei sette padri”, Adelmo Cervi e la storia dei sette fratelli torturati e fucilati -oco e dopo che le stalle e i fienili furono dati alle fiamme, i sette fratelli furono arrestati e fucilati il 28 dicembre successivo. Leggendo il prologo del libro, Adelmo ha ricordato che il mito si è portato via mio padre… e mi ha lasciato in cambio una lapide … un monumento … una statua a sette teste … sette medaglie. Vie e piazze intitolate ai fratelli Cervi mentre in verità erano uomini in carne e ossa, ognuno con la propria personalità, combattenti contro un despota quando molti accettavano di essere sottomessi. Forse non tutti determinati come il padre Aldo nella lotta, ma nessuno si tirò indietro nel momento estremo.

La lezione di Aldo e dei fratelli Cervi ha ancora senso oggi: Aldo era un Che Guevara – ha affermato Adelmo – , uno che voleva cambiare il mondo ribellandosi a ingiustizie e falsità. Oggi non dobbiamo perderci in piagnistei e lamentele, dobbiamo lavorare sodo per tradurre in pratica quei valori costituzionali che non sono ancora stati realizzati. Siamo noi che facciamo la storia, che decidiamo quali idee portare avanti per contrastare la china che questo governo sta dando al Paese. Facciamo della Costituzione la nostra bandiera e uniamoci in nome dei valori fondamentali in cui crediamo.