N° 7 Newsletter, Settembre 2024
SANITÀ MALATA
DI ELENA GORINI
Mancanza di personale, liste d’attesa infinite, perdita di risorse: ecco la situazione in Lombardia
Il secondo appuntamento della tre giorni democratica si è svolto il 28 luglio scorso. Si è dibattuto il tema del sistema sanitario in Regione Lombardia. In apertura la senatrice Simona Malpezzi ha illustrato il decreto sanità recentemente approvato dal governo Meloni. “È stata una misura elettoralistica – ha sostenuto -, approvata a quattro giorni dalle europee; è un provvedimento vuoto perché, per esempio sulle liste d’attesa, non mette risorse. . L’unica novità è l’interoperabilità tra le piattaforme regionali che gestiscono le liste”.
La norma prevede l’aumento delle ore di lavoro dei medici e la detassazione degli straordinari. Ma come si può immaginare che i medici possano lavorare oltre il loro orario contrattuale, di sabato, domenica e di sera, considerando che sono già sotto-organico e che soprattutto le infermiere sono in buona parte donne, che a casa normalmente hanno anche un lavoro di cura da svolgere? Questa è la domanda che si è fatta Malpezzi, sostenendo che la misura è esclusivamente “propagandistica”. Come fare per rendere il provvedimento efficace? Il Pd chiede da tempo di portare la spesa al 7,5% del PIL affinché le risorse siano adeguate a una gestione universalistica della sanità. A questo proposito la senatrice ha affermato di “avere un approccio laico al tema del rapporto sanità pubblica-privata: se il sistema integrato funziona a vantaggio dei cittadini va bene, se va a nocimento dei cittadini più fragili non è accettabile perché in contrasto con il dettato costituzionale”.
Il tema del rapporto tra pubblico e privato è stato ripreso dalla consigliera regionale Roberta Vallacchi, che ha affermato che la giunta ha stanziato 61 milioni di euro per ridurre le liste d’attesa e aumentare gli esami nel fine settimana, il problema però è che mancano personale e attrezzature. La legge Fontana-Moratti ha confermato le scelte che erano state fatte dalla legge Maroni, nonostante il covid ne abbia messo in evidenza tutti i limiti. Il primo aspetto da mettere in evidenza è che il pubblico dovrebbe programmare le prestazioni da acquistare dal privato, che diventa fornitore di servizi, in base alle proprie necessità. Invece in questo sistema è il privato convenzionato che decide quali prestazioni mettere a disposizione del pubblico. Ovviamente, il privato sceglie gli interventi più remunerativi, con maggior margine di guadagno e minor rischio, lasciando al pubblico le prestazioni più costose o a rischio, come il pronto soccorso. Prendiamo l’esempio di esami diagnostici o di interventi chirurgici: il loro costo è molto elevato e spesso nel pubblico i tempi di attesa sono lunghissimi. Sempre più persone non se li possono permettere e rinunciano a curarsi. Che cosa propone il Pd? “Bisogna cambiare il rapporto pubblico-privato – afferma Vallacchi – nel senso che il pubblico deve programmare ciò che acquista e porre regole rigorose”. Un altro tema correlato è quello dei trasporti: con la chiusura di molti ospedali i pazienti sono costretti ad uscire dai loro territori per fare visite in altri presidi ma questo comporta la necessità di farsi trasportare dai familiari o trovare altre modalità. C’è poi la questione del Cup unico, che dovrebbe poter vedere le disponibilità di posti sia nel pubblico che nel privato convenzionato ma quest’ultimo non ha interesse a mettere a disposizione le proprie agende. Questo è un problema risolvibile ponendolo come requisito per la stipula dei contratti. L’assessore regionale Bertolaso l’ha promesso più volte ma sempre rinviato.
La delegata della CGIL Patrizia Sturini ha messo in evidenza come nell’ospedale di Vigevano alcune prestazioni siano previste solo per i pazienti interni per mancanza di personale. Molti medici vanno all’estero in cerca di condizioni lavorative migliori. In provincia ci sono stati casi eclatanti, come l’ospedale di Varzi da cui se ne sono andati sette radiologi molto apprezzati, portandosi dietro i loro pazienti.“È in atto – ha detto la sindacalista – un disegno per depotenziare il pubblico, mentre occorrerebbe riorganizzare il sistema rivedendo orari di lavoro e modalità organizzative”.
Il dottor Luca Bellazzi, medico di base e consigliere comunale, ha messo in evidenza una serie di storture del sistema, come il peso della burocrazia, gli inutili doppioni nella somministrazione degli esami, la necessità di fare educazione sanitaria alla popolazione e il bisogno dei medici di base di essere ascoltati dai vertici di ASST, superando la scollatura esistente.